Il 3

Bisogna prendere il 3.

E bisogna farlo in inverno, quando ilfreddopungente torinese costringe la gente ad indossare giacchepesanti,quelle che se non le hai te le fai regalare da qualcuno, o nemetti unapiù leggera con molte maglie sotto, e ti vesti a cipolla nonper scelta,ma per necessità. Il 3 è il tram dei mercati. È il mezzoche, primaancora di lasciare le tende di nylon dei balconi delleVallette e queicasermoni tutti uguali che cambiano solo in altezza ecreano un nonmovimento architettonico schiacciato sul grigio inquinamento che domina il quartiere, incontra il primo mercato, quello di corsoCincinnato.
Poiil 3 sfiora la città, quella ricca del centro, quella inspiegabiledelle vetrine di boutiques sempre aperte come fauci, quella deiparcheggi a pagamento anche di domenica sotto le feste - così il Comunefa cassa - quella della frenesia di patetiche pellicce non giustificatené dalla cappa di mortale tepore che vi regna, né dalle stragi dallequali nascono, la città dell'opulenza fuori luogo e fuori tempo, lacittà dell'irresponsabilità.
Il 3consente ai suoi passeggeri diosservarla da fuori, di intravederne le luci, poi si butta nel piùgrande mercato d'Italia: Porta Palazzo. Quelli del 3 non vanno aimercati per qualche vezzo snob o pertradizioni etniche, ci vanno perspendere poco. Ci vanno con il lorogiacconi usati, con i loro carrellilisi e frusti che riempiono dipatate, di arance apochi centesimi, dipanettoni dei quali nessuno hala garanzia che non siano dell'annoscorso. Ci vanno nonostante ilfreddo, non vanno nei supermercati,vanno in corso Cincinnato perché èlì che il loro modo di parlare vienericonosciuto. Vanno a Porta Palazzoperché ogni tanto hanno occasionedi parlare persino la loro linguamadre.

La gente che prende il3 è già stanca prima di arrivarci al mercato, ègente che ha losguardo piegato su anni di vita faticosa trascorsi senzache nemmenoloro sappiano esattamente perché. E se lo chiedono, parlanotra loro:questo è bellissimo!
Sfiorando la città dei ricchi che siparlanotra loro sempre sorridendo (il ridere è attività più spontanea)direi,riescono ad ignorarla, impegnati così come sono a discutere dellemiserie di una vecchiaia, di una vita, di un lavoro come quelli che ildestino ha loro riservati.
È sul 3 che si possono rubare momenti digrande umanità: una signora conuna pelliccia sintetica di molti annifa, guanti di pile consunti,occhialetti finto dolce&gabbana che silamenta della inefficaciadell'azione dello Stato verso il nipote27enne disabile, un ragazzo conun vistoso colbacco acquistato a pocodai cinesi che leva una vibrataprotesta contro il "governodell'Europa" che ci vuole tutti sudditi,schiavi di un €uro che nonserve a nulla, un vecchio che si inorgoglisceparlando del nipotino, unnegro enorme dai modi gentili che lascia ilsuo posto a sedere ad unaragazza incinta con i capelli ordinatamenteraccolti in un foulard... Ègente preparata, educata.

Ma perché, mi chiedo, i politici, itecnici, i giornalisti, i sociologi,i marchionne, i dirigenti, perchénon vengono a farsi un giro, unmattino d'inverno, sul 3?
Èun'università di vita. È un modo moltoefficace per capire che la genteè sana, ma è stanca di essere vessata. Èla prova che basterebbe poco aquesto Paese per cambiare, per esseremigliore: il 3 non cambierà maiil suo tragitto, ma sono sicuri, quellilà i politici, i tecnici etc,che quel confine tracciato con la cittàdell'opulenza non sia dannoso?Perché, continuo a chiedermi, tuttaquesta differenza? Io lascereiintatto il tragitto del 3 attraverso isuoimercati, ma inviterei isignori che tengono le porte aperted'inverno per "inghiottire" clientia riflettere un po' di più sulletemperature.
Per darsi tutti unabella calmata, credetemi, basta farse un giro sul 3preferibilmented'inverno, c'è molto da imparare. È brutto e dolorosovedere comequesto Paese agisca con tale e tanta superficialità solo, osoprattutto, su chi conta poco. L'unico effetto che si otterrà,proseguendo in questo solco di divario sociale sarà, a mio avviso, unagrande demotivazione di massa.
Io sono uno di quei passeggeri del 3 eoggi ho voglia di urlare forte: non toglieteci, almeno, la nostradignità!


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